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Se l'AI è il nuovo oro digitale, chi si sta arricchendo vendendo le pale?

Nel 1849, la corsa all’oro in California fece sognare migliaia di cercatori d’oro, ma furono i venditori di pale, picconi e attrezzature a diventare ricchi. Oggi, nell’era dell’intelligenza artificiale (AI), la storia si ripete: mentre artisti, creatori e lavoratori digitali si affannano a produrre contenuti spesso svalutati, i veri vincitori sono quelli che forniscono gli strumenti per scavare nel nuovo “oro digitale”. Ecco chi sta accumulando ricchezze mentre il resto del mondo guarda TikTok generato da algoritmi.

1. Le Big Tech dell’AI: Abbonamenti, Pubblicità e Monopoli

Non sono i creatori a guadagnare, ma le aziende che controllano i motori dell’AI. OpenAI, con il suo modello GPT e l’abbonamento a pagamento per ChatGPT Plus, incassa miliardi da utenti e aziende disposte a pagare per accedere a strumenti avanzati. Google, con Gemini e la sua rete pubblicitaria iper-contestuale, sfrutta l’AI per analizzare dati in tempo reale e vendere spazi pubblicitari mirati, trasformando ogni ricerca o video in una fonte di ricavo. Anche Meta non è da meno: i suoi algoritmi di raccomandazione, alimentati da AI, tengono gli utenti incollati a Instagram e Facebook, monetizzando il tempo trascorso sulle piattaforme.

Il paradosso? L’AI “prende” contenuti da blog, social e siti web per addestrarsi, senza mai ricompensare chi li ha creati. Gli artisti e i giornalisti, già penalizzati dalla svalutazione del lavoro creativo, vedono i loro sforzi trasformati in carburante gratuito per modelli che poi li sostituiscono.

2. L’Hardware: Chi Produce le “Pale Digitali”

Se l’AI è il nuovo oro, i chip sono le pale. NVIDIA domina il mercato del training AI con le sue GPU, vendute a prezzi esorbitanti a chi vuole addestrare modelli complessi. Nel 2024, il fatturato dell’azienda ha superato i 100 miliardi di dollari, grazie alla corsa all’addestramento di grandi modelli linguistici. AMD, invece, punta sull’inferenza (l’uso pratico dell’AI), proponendosi come alternativa economica per aziende che vogliono implementare soluzioni AI senza costi proibitivi.

Poi c’è Google, che non vende hardware ma offre i suoi TPU (Tensor Processing Unit) come servizio cloud. Attraverso Google Cloud, aziende di ogni dimensione pagano per accedere a questa potenza computazionale, alimentando un ecosistema in cui il vero profitto sta nel fornire infrastrutture, non nel creare contenuti.

3. L’Integrazione: Robotica, Automazione e Nuovi Mercati

L’AI non è solo testo e immagini: è il cuore di robot industriali, auto a guida autonoma e sistemi di logistica avanzati. Aziende come Boston Dynamics e Tesla stanno integrando modelli AI in robot capaci di muoversi in ambienti complessi, aprendo mercati da miliardi di dollari. Anche nel settore sanitario, startup come DeepMind Health utilizzano l’AI per analizzare dati medici, vendendo soluzioni a ospedali e governi.

Qui il guadagno è strutturale: non si vende un prodotto una tantum, ma servizi ricorrenti che diventano indispensabili per l’efficienza aziendale.

4. Il Lato Oscuro: Creatori Svalutati e l’Era dei Contenuti “Gratis”

Nel frattempo, i lavoratori creativi sono sempre più marginalizzati. Su TikTok, Instagram e YouTube, milioni di utenti producono contenuti gratis, spesso di basso valore, sperando in un briciolo di visibilità. Ma la realtà è crudele: meno dell’1% dei creatori riesce a guadagnare un reddito dignitoso, mentre le piattaforme incassano miliardi grazie alla pubblicità e ai dati degli utenti.

E ora, l’AI sta peggiorando il quadro. TikTok e altri social stanno testando algoritmi che generano automaticamente video, musica e testi, riducendo ulteriormente la domanda di lavoro umano. Perché pagare un artista quando un modello linguistico può produrre 10.000 varianti di un jingle in un minuto?

La Disuguaglianza del Nuovo Boom Tecnologico

La lezione della corsa all’oro è chiara: chi controlla gli strumenti, non chi li usa, diventa ricco. Oggi, OpenAI, NVIDIA, Google e i loro alleati stanno costruendo imperi su un’economia in cui il lavoro creativo è sempre più precario e sottopagato. Intanto, le persone continuano a generare contenuti gratis, inconsapevoli che ogni like, commento o video caricato alimenta un sistema progettato per arricchire pochi.

Il futuro? Se non cambierà il modello economico, l’AI non democratizzerà la creatività: la monopolizzerà. E mentre i robot danzano su TikTok, i veri artisti rischiano di restare senza palcoscenico.