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Perché l'intelligenza artificiale potrebbe non essere una bolla: analisi approfondita del mercato e degli investimenti

Negli ultimi anni, il settore dell'intelligenza artificiale (AI) ha suscitato un dibattito acceso sulla possibilità che si stia formando una bolla speculativa. Le valutazioni di alcune aziende leader del settore, come OpenAI, Anthropic e XAI, hanno raggiunto cifre record, suscitando preoccupazioni tra analisti e investitori. Tuttavia, un'analisi approfondita delle dinamiche di mercato, dei flussi di ricavo e degli investimenti in infrastrutture potrebbe suggerire che non si tratti di una bolla, ma piuttosto di una scommessa strategica sul futuro della tecnologia.

Valutazioni elevate e ricavi ancora modesti

Una delle principali critiche rivolte al settore AI riguarda il divario tra le valutazioni milionarie delle aziende e i loro attuali ricavi. OpenAI, ad esempio, genera appena 15 miliardi di dollari di ricavi, mentre Anthropic e XAI sono ancora molto indietro in termini di fatturato. Nonostante ciò, OpenAI è stata valutata 500 miliardi di dollari, Anthropic circa 200 miliardi e XAI poco meno. Questo divario tra valore di mercato e performance economica reale è spesso citato come segnale di una bolla imminente.

Tuttavia, a differenza di bolle passate come quella delle dot-com o quella dei mutui subprime, il finanziamento delle aziende AI avviene principalmente attraverso capitali di rischio e investitori privati, che sono consapevoli del lungo periodo necessario per ottenere un ritorno sugli investimenti. La maggior parte dei fondi investiti non è destinata a generare profitti immediati, ma a costruire infrastrutture complesse e costose.

Investimenti in infrastrutture: una scommessa sul futuro

Le aziende AI definiscono "frontier labs" — come OpenAI, Anthropic e XAI — stanno investendo massicciamente nella costruzione di centri di calcolo e data center multi-gigawatt. Si tratta di progetti che richiedono anni per essere completati e che impegnano gran parte del capitale investito. A differenza di altri settori, questi investimenti non sono sostenuti da debito, ma da equity: gli investitori acquisiscono quote societarie, accettando il rischio a lungo termine.

La logica alla base di questa strategia è una convinzione fondamentale: l'intelligenza artificiale continuerà a migliorare e ogni passo in avanti richiederà sempre più potenza computazionale. Questo concetto è legato alle "scaling law", ovvero alle leggi di scala che suggeriscono come l'aumento della potenza di calcolo porti a prestazioni sempre migliori. Secondo questa visione, passare da un'intelligenza di livello liceale a uno di dottorato richiederà più compute, e raggiungere livelli di competenza paragonabili a quelli di un professionista con 20 anni di esperienza richiederà risorse ancora maggiori.

La competizione globale e le alternative tecnologiche

Non tutti sono d'accordo con questa visione. Alcuni laboratori cinesi stanno dimostrando di poter ottenere risultati simili o superiori con costi inferiori, mettendo in discussione l'efficienza dei modelli occidentali. Inoltre, alcuni esperti sostengono che i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) abbiano raggiunto un limite e che la strada verso l'AGI (Artificial General Intelligence) non passi necessariamente attraverso questa tecnologia.

Nonostante queste critiche, la scommessa delle aziende occidentali resta alta: è meglio sovra-investire in infrastrutture piuttosto che rischiare di essere impreparati se l'AI dovesse effettivamente progredire oltre le attuali aspettative. In altre parole, il rischio di una carenza di infrastrutture potrebbe essere più dannoso di quello di un eccesso.

Il ruolo cruciale del capitale e delle partnership strategiche

Un punto critico è il finanziamento di queste infrastrutture. OpenAI, ad esempio, non ha liquidità sufficiente per sostenere da sola spese di capitale (capex) dell'ordine di decine di miliardi di dollari. Per questo motivo, si affida a partnership con aziende ricche come Oracle e SoftBank, che assumono il rischio finanziario degli investimenti in cambio di posizioni strategiche.

Microsoft, pur essendo un importante investitore, ha deciso di non assumersi direttamente il rischio del capex. Invece, ha stretto un accordo con OpenAI per un impegno di spesa garantita di 250 miliardi di dollari su Azure, permettendo a OpenAI di cercare altre fonti di potenza computazionale. Questa strategia riflette la differenza tra aziende come Google e Meta, che hanno enormi riserve di cassa e sviluppano internamente i propri modelli, e Microsoft, che dipende da partner esterni per l'innovazione AI.

Un caso significativo è l'accordo tra OpenAI e Nvidia, che prevede un finanziamento di 100 miliardi di dollari per costruire 10 gigawatt di capacità computazionale. Questo accordo non solo garantisce a OpenAI le risorse necessarie, ma rafforza anche la posizione di Nvidia come fornitore dominante di GPU.

Il predominio di Nvidia e le incertezze del mercato

Nvidia detiene attualmente una posizione di leadership incontrastata nella catena di approvvigionamento delle GPU. La sua valutazione di 5.000 miliardi di dollari riflette questa supremazia, ma anche la crescente dipendenza del settore AI dai suoi chip. Tuttavia, questa dipendenza potrebbe non essere eterna: aziende come Amazon e Google stanno sviluppando i propri processori AI, mentre AMD sta guadagnando terreno con i chip MI450.

Nvidia sta investendo pesantemente nei suoi clienti per garantire la domanda futura, ma non è detto che questa strategia sia sufficiente a mantenere il monopolio a lungo termine. La domanda di potenza computazionale potrebbe crescere, ma non è scontato che rimanga esclusivamente legata ai prodotti Nvidia.

Conclusioni: una scommessa, non una bolla?

Alla luce di questi elementi, la questione se l'AI sia o meno una bolla dipende da due assunti fondamentali: primo, che l'intelligenza artificiale continuerà a migliorare; secondo, che forme di intelligenza più avanzate richiederanno sempre più potenza di calcolo.

Se questi presupposti si rivelassero falsi, il settore si troverebbe di fronte a un crollo causato da infrastrutture sovradimensionate e investimenti non ripagati. Tuttavia, se l'AI continuerà a progredire, l'attuale investimento potrebbe rivelarsi non solo giustificato, ma necessario.

In sintesi, ciò che stiamo osservando non sembra essere una corsa speculativa irrazionale, ma una scommessa strategica basata su previsioni tecnologiche e calcoli economici a lungo termine. Mentre permangono aree grigie — come i ricavi circolari tra aziende AI o i crediti Azure utilizzati come entrate — queste non sono sufficienti a qualificare l'intero settore come una bolla.

La vera domanda rimane: il costo dell'intelligenza sta effettivamente diminuendo, e la domanda seguirà questa tendenza? E soprattutto: siamo solo all'inizio dell'innovazione AI, o abbiamo già raggiunto i limiti della tecnologia attuale? La risposta a queste domande determinerà il futuro del settore e il valore reale degli investimenti milionari che lo caratterizzano oggi.