Il lavoro inutile: una realtà nascosta nella nostra società moderna
Negli ultimi anni è emerso un tema che, seppur spesso trattato con ironia, rivela una verità inquietante: una parte significativa del lavoro che svolgiamo non contribuisce in alcun modo al benessere collettivo. L’argomento è stato approfondito in un video YouTube in cui l’autore, citando l’antropologo David Greyber, sostiene che circa la metà di tutte le occupazioni nel capitalismo contemporaneo sono “inutili” o “fatte per apparire”. Di seguito troviamo un’analisi dettagliata dei punti principali e dei dati più rilevanti presentati.
1. Che cosa significa “lavoro inutile”?
Il termine “lavoro inutile” (o “pointless job”) si riferisce a posizioni che, se scomparissero, non avrebbero alcun impatto visibile sulla società o sull’azienda. Non si tratta di lavori essenziali come infermieri, pulizie o agricoltori, ma di ruoli che servono principalmente a mantenere l’apparenza di produttività, a soddisfare ego corporativi o a gestire la burocrazia interna.
2. Le cinque tipologie di lavori inutili secondo Greyber
- Flunky – Ruoli creati esclusivamente per accontentare un superiore. Esempi: assistenti personali che si occupano di prendere caffè o aprire posta, receptionist in uffici con poco traffico.
- Goon – Persone che presentano un fronte aggressivo senza apportare valore reale. Lobbyisti, PR, avvocati che minacciano con cause legali per far sembrare l’azienda più potente.
- Duct Taper – Lavoratori che risolvono problemi che non esistono. Ad esempio, un tecnico IT che continua a chiedere ai dipendenti di riavviare il router ogni volta che la connessione cade.
- Box Ticker – Ruoli burocratici che servono solo a far vedere che qualcosa viene fatto. Manager di compliance, consulenti che compilano report che nessuno legge.
- Taskmaster – Manager di medio livello che supervisiona persone che non necessitano di supervisione. Spesso creano lavoro fittizio per giustificare la propria esistenza.
3. Perché esistono così tanti lavori inutili?
- Ego dei dirigenti: Le aziende tendono a espandere la propria gerarchia per dimostrare potere. Un numero maggiore di dipendenti “sotto” un dirigente può farlo sentire più importante.
- Burocrazia e apparenza: Con l’aumento delle dimensioni aziendali, cresce la necessità di gestire la gestione. Questo porta a una catena di supervisori che, in molti casi, non aggiungono valore reale.
- Cultura del lavoro: In molte società il lavoro è visto come una virtù. Essere occupati, anche se in ruoli futili, è spesso considerato un segno di successo. La “religione del lavoro” premia la quantità di ore trascorse in ufficio più che la qualità del risultato.
- Mancanza di automazione: Con l’avanzare della tecnologia, molte attività ripetitive sono state automatizzate, ma non tutte le posizioni sono state eliminate. Alcune sono rimaste per motivi di “sicurezza” o per mantenere la struttura esistente.
4. Dati e osservazioni chiave
- Metà del lavoro è inutile: Greyber afferma che circa il 50 % di tutte le occupazioni nel capitalismo moderno non produce valore reale.
- Consapevolezza dei dipendenti: Molti lavoratori sono consapevoli che il loro ruolo è inutile, ma continuano a svolgerlo perché è la loro fonte di reddito.
- Effetto sul consumo: Mantenere un gran numero di dipendenti “inattivi” aiuta le aziende a mantenere i consumatori occupati e, di conseguenza, a spingerli a spendere di più.
- Pandemia come esempio: Durante la COVID‑19, la distinzione tra “essential worker” e “non‑essential worker” è diventata evidente. Lavoratori come infermieri e baristi sono stati riconosciuti come indispensabili, mentre molti ruoli di ufficio sono stati ridotti o eliminati.
5. Possibili soluzioni e prospettive future
- Riduzione dell’orario di lavoro: Un modello di 3‑4 giorni a settimana potrebbe aumentare la produttività e ridurre la necessità di ruoli futili.
- Universal Basic Income (UBI): Con un reddito di base, le persone avrebbero la libertà di scegliere lavori più significativi o di dedicarsi a progetti personali, riducendo la dipendenza da occupazioni inutili.
- Automazione e AI: L’automazione di compiti ripetitivi potrebbe liberare tempo per attività più creative e di valore. Tuttavia, è fondamentale gestire la transizione in modo che i lavoratori non rimangano senza occupazione.
- Cultura del valore: Le aziende dovrebbero rivedere i propri KPI, concentrandosi su risultati tangibili piuttosto che su metriche di presenza o di numero di dipendenti.
6. Conclusioni
Il fenomeno dei lavori inutili è un sintomo di una struttura economica che, pur promettendo efficienza, spesso crea inefficienze interne. Riconoscere e affrontare questa realtà è il primo passo verso un modello di lavoro più sostenibile, equo e orientato al valore reale. Se le aziende e i lavoratori riescono a ridurre la dipendenza da ruoli futili, potranno concentrare le proprie energie su attività che arricchiscono davvero la società.